lunedì 11 febbraio 2013

Bugatti: una leggenda

una Bugatti al San Bernardo
Bugatti. Una leggenda che ha rivisto recentemente la luce, grazie al ritorno del marchio sportivo d’oltralpe sui cofani di una nuova automobile. Ma la storia non è e non può essere la stessa. La Bugatti resta un mito del secolo scorso, un’auto che ha sorpreso per eleganza e velocità, e che è finita insieme alla sua epoca.
La storia della Bugatti è finita negli anni ’50, quando la casa automobilistica, oramai passata alla Hispano-Suiza, non è più riuscita a progettare una sola vettura competitiva e in grado di tenere il passo di un mercato che chiedeva prodotti diversi, adatti alla motorizzazione di massa che stava oramai prendendo campo. Le ultime Bugatti degli anni ’50 erano invece automobili pesanti e oramai lente, lussuose, sì, ma con un gusto decisamente troppo antiquato, legate a parametri superati come le sospensioni ad assale rigido, che non incontravano più i gusti e le esigenze dei nuovi acquirenti.

Forse, però, per risalire alla vera fine del marchio Bugatti, bisognerebbe andare più indietro, tornare a quella sera del 1939 in cui il figlio primogenito di Ettore Bugatti, Jean,  muore in un incidente automobilistico. Il padre non si riprese più, e con la generazione mancata di Jean (di lì a pochi mesi scoppierà la seconda Guerra mondiale) scompaiono anche le idee innovative che con il primogenito avrebbero potuto dare nuovo lustro alle Bugatti.
L’atelier dove sono nate le auto blu che negli anni fra le due guerre hanno vinto tutto è in Alsazia, e di lì a poco finirà in mani tedesche. Stessa sorte, poco meno di un anno dopo, tocca al secondo stabilimento, quello di Bordeaux, dove poco prima della guerra Ettore Bugatti aveva spostato la produzione. La Bugatti è costretta a fabbricare pezzi per aerei e per macchine anfibie, complice la guerra e le sue esigenze.
Termina la Guerra, la Francia è liberata, ma i guai per la Bugatti non finiscono qui. Ettore è ancora italiano, e quindi un perdente. Non importa se di lì a poco arriverà la cittadinanza francese,  lo stabilimento non gli viene restituito. Dovrà aspettare qualche anno e interminabili complicazioni burocratiche.
Nel dopoguerra si riprende a produrre a fatica.
Fra i primi progetti di auto per il dopoguerra figura una 1500 con motore a 4 cilindri, tre valvole per cilindro, la cui evoluzione sarà una monoposto da competizione.
Ma purtroppo il declino della Bugatti automobilistica è ormai inevitabile. Muore il fondatore, continua il figlio minore Roland, ma anche nelle carrozzerie, e non solo nei motori, le Bugatti sono antiquate. La fabbrica sopravvive effettuando lavori di meccanica generale e in sub fornitura, anche per la Citroén, e i pochi progetti automobilistici che prendono avvio si fermano contro il disinteresse di un mercato che guarda oramai altrove. La fine della casa automobilistica arriva con il 1963, quando laa Hispano-Suiza trasforma gli impianti della Bugatti riconvertendoli dal settoer automobilistico a industria di componenti per aerei. Ma il nome  non scompare. Rimane il ricordo, che continua fino alla rinascita odierna. Ma questa è un’altra Bugatti, e in nulla potrà essere paragonata alle fantastiche blu degli anni ’30.

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