mercoledì 22 maggio 2013

La storia di una parola: camallo

di G. Ameglio
Ricordate uno dei film  o uno dei libri di G.Guareschi sulle diatribe tra Peppone e Don Camillo, nel caso in cui il prete fece volare il tavolo e mostrò la sua eccezionale forza? In quel film, dopo il fatto, Peppone storpiò il nome del prelato in “Don Camallo”.
E c’era un motivo: il termine “camallo” viene usato in senso dispregiativo per indicare una persona poco affabile e di modi bruschi e rozzi. Nella realtà, il termine si riferisce ai lavoratori portuali incaricati di caricare le navi. E il termine si riferisce in realtà a gente che;  volendo spezzare una lancia in loro favore, lavorava con dedizione e grande competenza,  ben conosciuta la loro abilità come stivatori.
Infatti, prima dei tempi dei “containers”, la sistemazione del carico nelle stive di una nave mercantile era fondamentale per la sicurezza della nave in caso di brutto tempo. Inoltre, i cammalli genovesi, rispetto a quelli di tutti gli altri porti mondiali, erano capaci di imbarcare circa un quarto di merce in più.
Il termine camallo deriva dell’arabo “Kamal”(facchino). Infatti, nel dialetto genovese, molte parole, come”mandillo” (fazzoletto), macramè (asciugamano) caligo (nebbia), tirabusciun (cavatappi) derivano da parole arabe, spagnole o francesi, con quella fantasiosa mescolanza linguistica che tutti i dialetti portano con sé.
I “Camalli” già nel medioevo conosciuti come compagnia  dei “Caravana”, esistevano già durante il Dogato genovese intorno al 1340. Essi erano gli unici scaricatori ammessi in Darsena e dovevano  tassativamente essere di origine bergamasca: da qui la tradizione di alcune donne di recarsi a partorire nel Bergamasco.
Quando venivano a bordo per scaricare le stive, era divertente sentire le loro battute: per esempio nel sistemare un lavoro fatto con maestria un  camallo diceva all'altro come se il pezzo fosse una donna , “l'ho pigia a cavagnin e l'ho posà in sciu lettu (l'ho presa a cestino e l'ho posata sul letto). Un capitolo a parte meriterebbero i loro     sopranomi: Lenguadou ( lingua d'oro perchè sapeva parlar bene), Aze d'ou (Asino d'oro, ignorante ma ricco),  freguggia ( piccolo come una briciola), etc.
Erano altri tempi dove la forza contava molto, valga il fatto che lo stesso “Maciste “  attore cinematografico di prima della guerra era un ex portuale di Genova.
Tutti uomini semplici, ma spesso di animo buono e mai gli ultimi a portare aiuto in caso di disgrazie o calamità.

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