Sono stata a vedere Rush, il film che racconta il campionato mondiale Formula 1 del 1976 e la sfida-rivalità fra Niki Lauda e James Hunt. Bellissimo film, ben costruito e con tante verità "storiche", grandissime le immagini ed i filmati di gare (e non filmati d'epoca, ma scene create dal vivo, molto suggestive) e bella anche la ricostruzione dei personaggi. Forse un po' romanzata la rivalità dei due, che in realtà solo in quell'anno furono in lotta per il titolo (nelle altre stagioni Hunt non fu mai un vero outsider per Nili Lauda, e forse quell'anno arrivò al podio mondiale con un po' di fortuna). Ma d'altronde in quegli anni Lauda e la Ferrari erano davvero imbattibili. Bello, grndioso film. Emozionante la scena iniziale (la morte di Cévert a Watskin Glen, e quelle finali (il G.P. del Giappone, sotto un diluvio battente). Però mi ha stupito leggere, proprio in queste settimane, due interviste: in una, apparse su Autosprint, fatta a Forghieri ed una su Panorama, rilasciata da Lauda, che dicono cose tanto diverse. In quella di Forghieri, si parla di un James Hunt malvisto e poco serio, considerato pilota scorretto, oltre che poco professionale. In quella di Lauda, invece, il pilota inglese viene dipinto come un vero amico, corretto ed esemplare, pur se con qualche eccesso (ma sembra quasi perdonabile per chi rischiava la vita ad ogni Gran Premio, secondo Lauda). Singolare. Probabilmente James Hunt era un presonaggio, anche scomodo, ma ancora da conoscere. Morto a quarantacinque anni, dopo periodi difficili, forse farà ancora parlare di sè. In fondo, quanti geni maledetti conosciamo nel mondo dello sport e dello spettacolo?
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