Una delle più affascinanti avventure dell'archeologia è quella dei ritrovamenti subacquei. Proprio recentemetne il mare di fronte a Gela in Sicilia ha rivelato di nascondere ancora preziosi tesori. Sempre in Sicilia, pochi anni fa un'ancora in ferro è stata ritrovata nelle acque di Favignana.
Per non parlare dei Bronzi di Riace, trovati grazie all'immersione di un subacqueo dilettante.
Ancora, una campagna di scavo costante viene condotta da archeologi francesi davanti ad Alessandria d'Egitto.
Ma l'avventura più bella è senza dubbio quella del ritrovamento del relitto di Antichitera. Kitera e Antichitera sono due isole situate di fronte alle coste del Peloponneso. Nel 1901 un pescatore di spugne scoprì di fronte ad Antichitera i primi reperti archeologici, e da allora il sito non ha mai smesso di rivelare sorprese. La campagna di scavo e recupero più competa venne realizzata da Jacques Cousteau negli anni '60-'70, portando alla superficie un vero e proprio "carico" di oggetti di pregio: statue in bronzo, in marmo, gioielli, coppe, vetri, mobilio, monete e resti umani. Il più bell'oggetto è senza dubbio il "Giovane di Antichitera", una statua in bronzo che ricorda molto, nel gesto del braccio alzato a ghermire qualcosa, Il Perseo del Donatello. In realtà si tratta probabilmente di Paride che assegna il pomo della discordia alla dea Afrodite. La bellezza della statua è folgorante: la giovinezza si espande dalle membra proporzionate del corpo, elegante nella sua staticità, ma vibrante di tensione nello sguardo vivace del volto.
Ancora più intenso, forse, l'altro reperto, la testa di "filosofo": il capo di un uomo barbuto sempre in bronzo, estremamente teso e serio in volto, con gli occhi magnetici.
Il tutto era probabilmente trasportato su una nave da carico che intorno al 75-50 a.C. doveva aver fatto naufragio davanti all'isola, senza mai completare il suo viaggio. Doveva essere verosimilmente partita dall'isola di Samo o dalle coste della Turchia per trasportare un carico di oggetti di lusso provenienti dalla Grecia e destinati al ricco mercato di Roma, dove in quell'epoca i patrizi abbellivano le proprie ville con le statue e le suppellettili provenienti dalla Grecia classica.
E' però uno dei primi ritrovamenti del 1902, a riservare oggi le sorprese maggiori. Un oggetto formato da vari dischi in bronzo, già dal primo momento apparsi molto danneggiati, e poi inspiegabilmente scomposti nelle prime fasi di restauro. A questo oggetto dovevano appartenere anche altre parti in bronzo ritrovate separate. Ma che cos'era lo stramo meccanismo? Gli studi continuano ancora oggi, ma la conclusione più sicura oggi è che si tratti di un calendario astronomico estremamente sofisticato, in grado di predirre le future eclissi solari, lunari, ed il movimento dei pianeti allora conosciuti (mercurio, venere marte, giove, saturno) basandosi sulle conoscenze astronomiche del tempo. Conoscenze astronomiche che erano assai più sofisticate di quanto si pensi: il meccanismo, infatti, assomma i calendari solari degli assiro-babilonesi, assidui osservatori dei cieli, con quelle degli egizi. Infatti il meccanismo riporta su un disco le partizioni del tempo secondo il ciclo Metonico (un calendario della durata di 19 anni, che "aggiusta" per così dire la durata del ciclo solare alle nostre stagioni - evitando lo sfasamento che ci costringe ad aggiungere ogni quattro anni un giorno al nostro calendario, al fine di far cadere solstizi ed equinozi sempre nello stesso giorno). In un secondo disco è contenuto invece il ciclo di Saros, di 18 anni, che predice le eclissi solari e lunari; su un altro frammento appaiono infine evidenze del ciclo Callippico, di 76 anni. La combinazione di tutti i dischi permetteva non soltanto la predizione delle eclissi e del movimento dei pianeti (alcune leve permettevano di far girare i dischi al fine di vedere le posizioni delle stelle negli anni futuri), ma anche dei giochi panellenici e di altre festività religiose, nonchè i movimenti delle costellazioni, serviva probabilmente anche a scopo didattico, per insegnare l'astronomia.
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